Pubblicazione
postuma, edita in italiano con il titolo Giornale
di un antropologo, racconta i retroscena di una delle ricerche e
descrizioni più approfondite della storia dell’antropologia. Nel 1914 l’antropologo
Bronislaw Malinowski si reca in Papua Nuova Guinea al fine di osservare le
usanze degli indigeni che vi abitano e di fotografarli, e si sofferma sulla
descrizione di un particolare sistema di scambio di beni apparentemente privo
di senso, il Kula, sul quale si basa gran parte della loro esistenza.
Chi
legge Argonauti del Pacifico occidentale,
l’etnografia nata dalla ricerca sul campo di Malinowski, percepisce lo sguardo
di uno scienziato che elabora una storia affascinante, coinvolgente, caratterizzata
da un forte coinvolgimento emotivo con i “selvaggi” - la cosiddetta “empatia”.
Il
diario, invece, mostra il lato umano dello scienziato, quello opportunamente
occultato ai suoi lettori. Scritto tra il settembre 1914 e l’agosto 1915 e
dall’ottobre 1917 al luglio 1918, è ricco di scorci di vita quotidiana, stati
d’animo, fantasie sessuali, preoccupazioni e nostalgie.
Malinowski
si sente spesso solo, ha troppo tempo per pensare, per riflettere su vecchi e
nuovi rancori, per giudicare. E si sente completamente tagliato fuori dal mondo
che si trova ad indagare.
Andai al villaggio sperando di
fotografare le diverse fasi del “bara”. Allungai mezza stecca di tabacco, poi
osservai alcune danze; poi feci delle foto – ma con scarsi risultati. Non c’era
luce sufficiente per le istantanee; ed essi si rifiutarono di posare a lungo
per il tempo di esposizione. Mi capitava allora di essere furioso con loro,
soprattutto perché dopo aver dato loro la propria porzione di tabacco se ne
andavano via tutti. Insomma, il mio sentimento nei confronti degli indigeni
tende decisamente a: «Che si sterminino i bruti!».
Giornale di un antropologo non ha valore
etnografico. Non si tratta di un “diario di campo”, scritto che l’antropologo è
solitamente tenuto a redigere per tenere la fila delle sue osservazioni e
riflessioni, e che costituisce l’ossatura della scrittura etnografica, bensì,
di un diario privato, di appunti.
Questo
libro testimonia però, il valore vivificante e allo stesso tempo curativo della
scrittura, punto fermo nel caos emotivo e visivo, nello spaesamento e, spesso, scoraggiamento
davanti al quale si trova l’esploratore dell’essere umano.
Mailu, 19-12-14. Oggi mi sento molto
meglio – perché? Può darsi che l’arsenico e il ferro facciano effetto dopo
tanto tempo? Sono finalmente arrivato a Mailu, e non so veramente, o piuttosto
non vedo chiaramente, quello che devo fare. Un periodo di incertezza. Sono
giunto in un luogo deserto, con la sensazione che presto sarebbe finita, ma nel
frattempo dovevo iniziare una nuova esistenza.
M.S. Veronica Artioli Barozzi - Carretto dei libri
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