Noto al pubblico e alla critica per i suoi
indimenticabili romanzi come Il lupo della Steppa e Siddharta, Herman Hesse ci
ha lasciato numerose “favolette brevi” e raccolte di poesie, o, semplicemente, di
pensieri. Tra questi c’è la raccolta Il canto degli alberi. Uno scritto
malinconico, introspettivo ed evocativo, che descrive la bellezza degli alberi; quella più nascosta, quella che non si vede con gli occhi. Nel dispiegarsi
delle parole, Hesse paragona questo prezioso elemento della natura a un uomo solitario,
ma forte, combattivo.
E li venero ancora di più quando se ne stanno
isolati. Sono come uomini solitari. Non come gli eremiti, che se sono andati di
soppiatto per sfuggire a una debolezza, ma come grandi uomini solitari, come
Beethoven e Nietzsche.
Attraverso le descrizione, suggerisce al lettore di
prendere esempio dagli alberi, dalla loro placida maestosità e solidità, dal
modo in cui essi affrontano la vita: con rami puntati verso il cielo e radici
ben piantate a terra.
Chi ama la velata tristezza, ma anche il coraggio
dei personaggi e degli scenari di Hesse, non potrà non amare questo libricino, quasi
sussurrato, e imparerà a guardare il mondo con occhi diversi, ben più autentici
e saggi: quelli degli alberi.
Gli alberi hanno pensieri duraturi, di lungo
respiro, tranquilli, come hanno uan vita pià lunga della nostra. Sono pià saggi
di noi finchè non li ascoltiamo, ma quando abbiamo imparato ad ascoltare gli
alberi, allora proprio la brevità, la rapidità, e la precipitazione infantile
dei nostri pensieri acquistano una letiziia incomparabile. Chi ha imparato ad
ascoltare gli laberi, non desidera più essere u albero. Non desidera essere
altro che quello che è.
M.S. Veronica Artioli Barozzi - Carretto dei libri
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